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Associate Research Scientist at the Istc-CNR Unit of Cognitive Primatology & Primate Center and Co-founder of the EthoCebus Project

Email: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it. Phone: +39 06 3221437

Fax: +39 06 3217090

Address: Unit of Cognitive Primatology and Primate Center
Institute of Cognitive Sciences and Technologies
National Research Council
Via Aldrovandi 16 b - 00197 Roma

Short bio

I took my first steps in the world of science studying insects and pigeons. Then devoted myself to the study of primates: squirrel monkeys, baboons, bonobos, chimpanzees and especially capuchin monkeys. In collaboration with Dorothy Fragaszy and Linda Fedigan I wrote “The Complete Capuchin”. The Biology of the Genus Cebus (Cambridge University Press, 2004), an overview of the studies carried out about these monkeys. During my career, I authored and co-authored more than 40 book chapters and about 130 articles published in journals such as Science, Nature and Current Biology. I also wrote for newspapers and popular press. I am a frequent consultant and commentator on television and radio scientific programs and I supervised more than 50 graduate degrees to completion in several Universities. In 2007 I won the Jack Ward Film Award for non-commercial film on animal behavior, in the 2009 I was awarded with the Premio Frassetto for Physical Anthropology from the Italian Academy of Science, and in 2012 I won the Prix Geoffroy Saint-Hilaire awarded by the Société Française pour l’Etude du Comportement Animal. 

Research interests

My research focuses on tool use, social learning, feeding behaviour, social behaviour and sexual behaviour. I discovered capuchins do not learn novel behaviours by imitating other group members. Rather it seems that the perception of their own action during problem solving is crucial for learning how to act in a specific situation: the social context has only a supporting effect in promoting effective actions. Most of the experiments on social learning have been conducted in the CNR Primate Center in Rome. Recently, my interests have focused mostly on tool use, since wild capuchins came out to be extremely efficient in using hammer stones and anvils  to crack palm and other hard fruits. Dorothy Fragaszy, Patricia Izat and myself were the first to observe this behaviour in the dry woodland habitat of Piauí, Brazil. This prompted the launching of the EthoCebus Project.


Elisabetta Visalberghi on:


Encyclopedia of Animal Cognition and Behavior (2018) J. Vonk, T. K. Shackelford (eds.)

Personal page

http://www.istc.cnr.it/it/people/elisabetta-visalberghi

Qualche curiosità

A scuola e al liceo, lei era brava?

Così sembrava, dai voti. Ma io ero convinta di non essere così brava come gli altri pensavano. All'università ho scelto biologia e all'inizio ho dovuto studiare fisica, chimica e matematica. Materie che c'entravano poco con quello che sognavo di fare. Poi ho trovato un compagno di studi, Enrico Alleva, che condivideva la mia passione per la natura e tutto è cambiato. Insieme ci siamo messi a fare esperimenti sul senso di orientamento dei colombi.

Colombi? Lei non è un'esperta di primati?

Sì, ma mi sono specializzata in etologia, la disciplina che si occupa del comportamento di tutti gli animali. Il mio primo lavoro, al CNR, ha riguardato le preferenze alimentari dei ratti!

Come mai è passata alle scimmie?

Per caso. Ho iniziato osservando un gruppo di macachi giapponesi appena arrivati allo zoo di Roma. Ma in Italia non c'era nessuno che mi potesse insegnare qualcosa in questo campo. Così, con una borsa di studio, sono andata al centro dei primati dell'Università della California, a Davis, dove il Prof. Bill Mason mi ha insegnato a fare ricerca. Lo scopo del mio progetto è stato capire come le scimmie scoiattolo e i callicebi risolvevano i problemi della vita (problemi che io inventavo apposta per loro e che se risolti permettevano loro di ottenere un cibo preferito) e come intelligenza, stile d'approccio al problema e dinamiche sociali ne influenzavano il successo. Poi sono tornata in Italia e sempre allo zoo di Roma ho incontrato un cebo: si chiamava Cammello. Quando l'ho visto la prima volta stava cercando di rompere il guscio di una nocciolina americana con una patata lessa! Ciò era talmente assurdo che per giorni e giorni ho tentato di capire perché lo faceva. Così ho scoperto che Cammello era capace di usare strumenti ben più idonei (i sassi per esempio) per rompere gusci di frutti ben più duri, come noci e mandorle. Da allora non ho più smesso di studiare come, quando e perchè le scimmie usano gli strumenti.

E come si studia?

In laboratorio, eseguendo esperimenti mirati, e in natura, osservando il loro comportamento spontaneo. In natura, i cebi dai cornetti vivono prevalentemente sugli alberi, sono belli, eleganti, appena più grossi di un gatto e si chiamano così perché sulla testa hanno due ciuffetti di pelo. Per capire come vedono il mondo, cerco di immaginare una situazione che li stimoli o li interessi, con la quale possono spontaneamente misurarsi e ottenere qualcosa che vogliono. In questo modo sono felici di partecipare all'esperimento e lo sono anch'io.

Dian Fossey non faceva esperimenti.

No, era un'etologa che faceva osservazioni sul campo. In una certa misura, lei è stata mandata allo sbaraglio, a fare una ricerca molto rischiosa. Non solo perché poteva restare uccisa, come le è accaduto, ma anche perché la primatologia era un campo nuovo in cui non c'erano né soldi, né fama da conquistare. Spesso capita che le donne siano gli apripista in settori a rischio; fino a quando non c'è da far carriera gli uomini non entrano in competizione! Oggi una giovane donna partirebbe con bagaglio culturale molto superiore e si confronterebbe con tanti altri colleghi di ambedue i sessi. Dian Fossey con i gorilla e Jane Goodall con gli scimpanzè hanno reso la primatologia una scienza molto popolare, anche grazie ai documentari e ai film che le presentavano come "la bella e le bestie". E poi le scimmie ci affascinano in modo particolare perché ci somigliano e ci interessa sapere quanto. I primati sono uno specchio in cui guardare noi stessi.

A proposito del cebo Carlotta che lei ha visto crescere, ha scritto di aver provato le "stesse preoccupazioni di una madre col proprio piccolo." Conviene di più mantenere il distacco verso le scimmie che si studiano o provare affetto?

Tocca mantenere il distacco nella descrizione e nell'analisi scientifica dei loro comportamenti, nel porre domande serie e dare risposte che tengano conto dei dati, e nello scartare spiegazioni complicate se ne esistono di più semplici. Ma emozioni e sentimenti aiutano a capire meglio un animale. Per una madre è difficile, ma possibile, giudicare con oggettività il proprio figlio; per noi è difficile essere oggettivi con un animale al quale vogliamo bene, dobbiamo essere coscienti di questa difficoltà, ed esercitare quello che Bekoff chiama un "antropomorfismo critico".

I suoi colleghi l'hanno eletta presidente della Società Italiana di Etologia (SIE) e segretario generale dell'International Primatology Society (IPS) che è un po' la vostra Onu. Quindi significa che è proprio brava. Pensa di aver un talento particolare?

Tanti fattori contribuiscono a far vincere un'elezione. Per la Società di etologia forse è contato il fatto che sono una donna, visto che non c'era mai stata una presidente donna, e all'IPS che ero italiana, visto che ai vertici non c'era mai stato un italiano. Però non avendo fatto campagna elettorale, penso di aver ricevuto dai colleghi un segno di stima e questo mi ha fatto molto piacere. Se ho un talento, forse è quello di guardare i problemi da un punto di vista originale, senza dar troppo peso alle teorie degli altri. Mi viene naturale fermarmi e chiedermi "sarà proprio così?" Sono scettica, o forse realista, anche nei miei confronti. Non ho mai avuto molta fiducia in me stessa, credo alle piccole imprese più che alle grandi. Più che brava, mi ritengo fortunata.

(da un'intervista del 2005 di Sylvie Coyaud)

 

Intervista alla Dott.ssa Elisabetta Visalberghi

 


Questa intervista è stata fatta nell'ambito del progetto Europeo "DIVA: Science in a Different Voice” (2005-2007) finalizzato a diffondere la cultura delle pari opportunità e dell’equità di genere nella scienza.  Il progetto DIVA, a cui hanno collaborato l'IRPPS e il CNR, è stato realizzato con il sostegno della commissione Europea-DG Ricerca ed è stato finanziato nell’ambito del VI programma Quadro.

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